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(sì, come i bugiardini dei farmaci. Che poi, già il fatto che si chiamino "bugiardini" non è che prometta bene, eh).
L'inizio -remessa e prima parte della narrazione- non è per niente allegro, anzi, per dirla tutta è una lagna tra le dieci più pallose del secolo; ma serve per rendere l'atmosfera in cui è maturata la scena (ed anche a me per sfogarmi, siamo sinceri; perchè quando l'ho scritto avevo il morale davvero basso). Ma poi c'è una svolta. Fidatevi... parola di Orbettino!
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Ma il fatto è che costoro non rispettano alcun orario o giorno di riposo e, come vi ho già detto fino alla noia, la cosa (l'impossibilità di riposare decentemente di notte, più che altro, protratta per mesi) mi ha portato veramente al limite del crollo fisico e psicologico.
Ma ora forse si intravede uno spiraglio.
Quindi, nonostante la situazione per me sia stata tutt'altro che divertente, anzi, mi abbia portata vicinissima alla disperazione, per una volta faccio un timido, quasi scaramantico tentativo di sdrammatizzarla.
E vi racconto la notte tra l'altro ieri e ieri.
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L'antefatto è che ero, appunto, in debito di sonno da molte notti e veramente sfinita. Quindi, sapendo che il tizio a volte inizia a lavorare alle 6 del mattino, o anche prima, avevo deciso di sfruttare bene la prima parte della notte. e, anche se molto a malincuore -in passato ho avuto problemi di insonnia pesanti, e usare sonniferi quando per conto mio non ne avrei assolutamente bisogno è l'ultima cosa che vorrei fare- avevo preso un sonnifero, per la necessità di dormire subito ed a lungo.
Ma, a mezzanotte e mezza, qualcuno ha iniziato a martellare.
Al che, non ci ho più visto.
Mi sono alzata e sono salita al piano sopra, mezza stordita dal sonnifero, ma con una quantità di rabbia pari a quella totale di solito contenuta nella popolazione di una regione di medie dimensioni (ora scherzo, ma ero veramente disperata e con un solo pensiero, ben chiaro in mezzo alla confusione ed alla stanchezza: io così non posso andare avanti.).
Ho suonato.
Non mi hanno aperto.
Ho suonato un'altra volta.
Silenzio.
Al che, dato che mi hanno già fatto uno scherzo simile (fanno rumore fuori orario, io salgo per dire qualcosa, suono e miracolo! il "Bong! Bong!" cessa all'istante, stile "In questo momento non siamo in casa: se sentivate martellare o picconare, probabilmente era il fantasma del nonno che è un po' strano"), mi sono appoggiata con il gomito al campanello e sono rimasta lì. Con gli occhi che si chiudevano. Maledettamente infelice. Per un tempo che preferisco non dirvi perchè mi vergogno. (Vi dico solo che, se in quel momento ci fossero stati i fuochi d'artificio della festa patronale, mi avrebbero chiesto di piantarla di far baccano, perchè non si riuscivano a sentire i botti)
Producendo, tra l'altro, uno sconquasso tale che da due giorni quando esco o rincaso faccio giri strani per evitare gli altri vicini della scala, per timore che mi chiedano se ho sentito anch'io il pazzo squilibrato che l'altra notte ha piantato quel casino immane con i campanelli.
Per il resto della notte, non ho pressochè più chiuso occhio: perchè mi aspettavo che il rumore riprendesse da un momento all'altro, e per il senso di ingiustizia, rabbia e totale, sfinita impotenza.
Così, quando al mattino, alle 7, ho sentito l'ascensore che saliva, ho pensato "Sarà il padre che viene a dare il cambio al figlio: questa volta non mi sfugge" e mi sono fiondata fuori, intontita e stanchissima ma più infuriata che mai.
E quando ha aperto la porta, l'incauto, mi sono abbattuta su di lui come un'Erinni vendicatrice.
Stop!
Ora, vediamo di rendere bene la scena.
Quindi, fermo immagine.
L'aspetto dell'Erinni suddetta era il seguente:
- capelli arruffati stile out-of-bed (mai effetto out-of-bed fu più letterale, direi)
- occhi effetto smockey-eyes (ma non era ombretto scuro grigio-viola, erano occhiaie)
- ciabattone Papillo
ma soprattutto
- pigiamino composto da pantalone largo ed al ginocchio (immaginare eleganza dell'articolo, prego) color verde-Kermitt-La-Rana, abbinato a raffinata casacca con stampa di cagnolone.
A pallini.
Il cagnolone, non la casacca.
E che, vi sembra che indosserei un pigiama con casacca a pallini?
Sono una persona seria, io.
Insomma: la tenuta ideale per accrescere la propria credibilità. Che, per inciso, consiglio vivamente anche a voi per tutte le occasioni in cui volete aumentare stratosfericamente le vostre chances di essere presi sul serio da qualcuno.
E vogliate tener presente che il quadrupede in oggetto, qui immortalato in tutto il suo pallinoso splendore, era questo:
Che poi, già di mio non farei paura neanche a uno dei Teletubbies.
Conciata così, poi, immaginate voi.
Dico solo che tra i due -io e il cagnolone a pois- quello con più speranze di incutere riverente soggezione e rispettoso timore era lui.
Comqunue, motivo del sudetto outfit:
- ufficialmente (nonchè truffaldinamente ricostruito a posteriori): intenzione di comunicare un sottile messaggio non verbale, del tipo "Immagini un po': secondo lei, prima che si accingesse ad iniziare l'ennesima giornata di rompimento assortito, la qui presente vicina di casa stava
a) costruendo una copia in grandezza naturale della Basilica di San Pietro con i fiammiferi
b) ipnotizzando armadilli
c) conducendo mandire di bisonti nelle sconfinate pianure delle Pampas
o FORSE -ma la butto proprio lì: lo so bene che è un'idea inverosimile, stravagante e difficilissima da concepire-
d) dormendo?"
- realmente e sinceramente: non avevo idea di essere vestita così.
Ossia: ero talmente fuori dai fogli e sfinita, che non mi ero assolutamente ricordata di essere in pigiama, me ne sono accorta a conversazione avviata.
E, credetemi, non è stato gran bel momento.
Ma continuiamo.
Trattenendo a stento e solo per un provvisorissimo attimo il fiume impetuoso di rabbia che, dentro di me, già era pronto ad erompere in tutta la sua furia distruttiva, ho sibilato, con un tono così sinistro che il "ti spiezzo in due" del pugile russo nemico di Rocky in confronto faceva venire la ridarella isterica, anche detta stupidera:
"Eravate-voi-che-martellavate-a-mezzanotte-e-mezza?"
Domanda retorica: certo, che erano loro. Ovvio, che erano loro. Lo sapevo benissimo, che erano loro.
Era solo la preparazione del terreno. Anzi, del campo di battaglia.
Su cui presto ci sarebbe stato spargimento di sangue e di arti assortiti.
Perchè lo sfinimento aveva spezzato i freni inibitori, e per la prima volta nella mia vita non mi sentivo un vulnerabile coniglietto o una pulce che teme di venire schiacciata, ma il toro già a testa bassa che raspa ancora una volta il terreno con una zampa un attimo prima di attaccare, mentre con lo sguardo ti comunica molto chiaramente che quelli che stanno per iniziare non li ricorderai esattamente come i cinque minuti più piacevoli della tua vita.
Anzi, se è per quello non li ricorderai affatto.
Non più.
Più verosimilmente -sì, insomma, forse sopra ho un po' esagerato- ero il tenero batuffoloso coniglietto che, dopo ere di tenera e batuffolosa coniglitudine (qui veramente avevo scritto "conigliaggine". Ma leggendo in fretta, mi sa che si sarebbe capita un'altra cosa. Anche se,pensandoci, avrebbe pure avuto senso), finalmente si incazza di brutto e -ZACC!- tira fuori degli artigli che manco Edward Mani Di Forbice. E si rivela capace di tatuarti sulla schiena la Tour Eiffel in scala 1:10 senza colori ne' aghi.
Con le unghie.
Non che mi aspettassi un "Oh sì: siamo stati noi e ci abbiamo provato pure gusto, toh!".
Piuttosto qualcosa tipo "Emmm... Uhhhh... ecco; veramente..."
Sarebbe bastato.
Oh, se sarebbe bastato.
Ma il tizio parlò e disse: "Ma figuriamoci: non siamo mica matti!".
In modo assolutamente, indiscutibilmente credibile.
Sincero come un infante nel Paradiso Terrestre prima del peccato originale.
(che poi un infante per definizione non può parlare e quindi manco mentire, e del resto la questione non si pone neanche perchè nel Paradiso Terrestre a parte Adamo ed Eva non è che ci fosse 'sta gran folla; ma la frase suona bene e ce la metto lo stesso. Ed ora basta osservazioni cavillose e andiamo avanti, uff)
Quell'uomo stillava sincerità come una mozzarella stilla latticello.
Era una mozzarella di sincerità.
L'aria era intrisa di sincerità. Così spessa che l'avresti potuta tagliare con il coltello e farne cose tipo fermacarte artistici, portasapone ed altre idee regalo di dubbio gusto per il prossimo Natale.
Se ascoltavi bene, in sottofondo sentivi Arisa che cantava il successo sanremese.
Insomma, per farla breve: non erano stati loro.
Ah ecco.
E' calato il silenzio. Anzi, è crollato dall'alto, fragoroso e pesante; come un lastrone di una quintalata di neve che viene giù da un tetto.
Una quintalata di silenzio.
Che in qualche dimensione parallela vocine di creaturine invisibili hanno cominciato a riempire con sgradevoli coretti di: "Figura di ....!".
Non so lui, ma io li sentivo benissimo.
Pensandoci bene, probabilmente anche lui.
Quindi, punto primo: precipitoso smantellamento dell'atteggiamento aggressivo della sottoscritta (da sostituirsi con atteggiamento ed espressione ancora da definire).
Buono, Fido; il signore è un amico.
Ora, ricapitoliamo:
Per più di SEI MESI l'individuo di cui vi sto parlando ed i suoi congiunti/compari/complici/prezzolati/mercenari/emissari/scagnozzi/sgherri hanno imperversato con il martello pneumatico (un incubo: se non avete provato, non ne avete idea), picconato, tagliato, fresato (che non so cosa voglia dire, ma non importa: qualunque cosa significhi, sono sicura che lo hanno fatto), segato, raspato, urtato, picchiettato. Se ne sono strafregati del regolamento condominiale. Non hanno rispettato alcun orario, nè pause pranzo, nè giorni festivi. Da un mese, in particolare, hanno lavorato -in modo rumoroso e totalmente imprevedibile- dalle 6 del mattino a dopo le 10 di sera, e talvolta anche fuori di questa fascia. TUTTI I GIORNI, DOMENICHE COMPRESE. Hanno trascinato oggetti pesanti alle tre di notte.
Mi hanno fatta impazzire.
Ma c'è una cosa che costoro NON hanno mai fatto in quell'alloggio, oltre a disputare corse di cavalli clandestine, allestire rievocazioni storiche della scoperta dell'America e celebrare sacrifici umani.
Una sola.
Martellare di notte.
E io, che per quieto vivere o debolezza ho sopportato stoicamente per SEI MESI in silenzio -concedendomi solo qualche timidissimo accenno di reazione, in cui la più ferma e vigorosa protesta è stato un fiero squittio del tipo "Vi chiedo scusa, ma per caso potreste, domani mattina, non iniziare proprio alle 6? E' che vorrei dormire un pochino di più: sapete com'è, giusto perchè è domenica!"- per che cosa finalmente esplodo?
Per che cosa finalmente rompo clamorosamente gli argini, liberando mesi e mesi di rabbia repressa in un soprassalto di fiera, maschia decisione e sacrosanta, giustificatissima ira?
Perchè hanno martellato di notte.
L'UNICA cosa che non hanno mai fatto.
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Bene.
Se qualcuno di voi, una volta o l'altra, fosse colto da incoercibile desiderio di farsi una figura da scemo ma non sapesse tanto come si fa, venga un attimo da me, che gli do due dritte.
E se mai un giorno darsi la zappa sui piedi da soli diventerà specialità olimpica, se qualcuno di voi passa dalle parti dove prendono le iscrizioni alle gare, segni il mio nome.
Grazie.
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Pertanto, preso atto di quanto sopra esposto ed analizzata la situazione in tutti i suoi aspetti, la sottoscritta ha realizzato che:
Per quanto rompiscatole alla fantastibiliardesima potenza, di un livello di rompiscatolaggine incommensurabilmente grande, tendente a più infinito che al confronto la funzione esponenziale è una schiappa, anzi decisamente prossimo al sublime, costoro NON sono automaticamente responsabili di TUTTI i rumori molesti dell'universo. Ne esistono anche alcuni (pochissimi) NON prodotti da loro.
Per quanto ciò sembri strano.
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Qui giunti, cosa dovevo fare?
Chiedere scusa, col cavolo; visto quanto quello che mi hanno fatto passare per sei mesi.
Cercare di uscirne con un pretesto disinvolto e credibile, meno che mai, dato che il più verosimile che mi veniva in mente in quel momento era qualcosa tipo "scusi devvo andare il pesce rosso mi perde le squame".
Così, per riportare la discussione su un terreno normale e poterne, poi, uscirne in qualche modo che non comportasse lo strisciare sui gomiti, visto che eravamo davanti ad una porta blindata, con una naturalezza raccattata non so dove e raffazzonata alla bell'e meglio, ho cambiato discorso come se niente fosse chiedendogli un'informazione su quella.
Mi ha risposto, molto poco convinto e pure abbastanza seccato.
Ho ascoltato, con l'espressione di una a cui non glie ne potrebbe fregare di meno e che intanto sta pensando a qual è quel supermercato che questa settimana ha i pomodori in offerta.
E poi sono tornata a casa mia.
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Bene, questo è quanto.
Così, oltre al disappunto per aver protestato nell'unico momento in cui non aveva senso farlo, ed essere pertanto riuscita a farmi una figura da schizzata in una situazione in cui, in linea di principio generale, avevo tutte le ragioni, mi è rimasta la sensazione di una scena surreale.
Ossia di essere passata per una che tende agguati ai vicini di casa nascosta per le scale alle 7 del mattino, in pigiama e con aria tra lo sconvolto e il reggetemi-che-casco, per chiedere informazioni su una porta.
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Il tizio mi ha assicurato, tra l'altro, che i lavori erano terminati.
Finalmente.
Completamente.
Il che a rigore non spiega perchè, dopo, sia entrato in casa ed abbia passato le ore successive a lavorare esattamente come al solito ma va bè, questa è una sottigliezza logica.
Ma giuro che se rompe ancora le scatole in ore indecenti salgo da lui incavolata di brutto, con gli occhi iniettati di sangue dalla rabbia, e butto giù la porta a forza di scampanellate o-al limite- a testate.
E poi gli chiedo se, per caso, conosce una buona ricetta di torta di mele.
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Ovviamente nel raccontare questo episodio ho lavorato molto con la fantasia. O meglio: i fatti sono assolutamente reali, e i dialoghi pure. Sugli stati d'animo, invece, ho ricamato un bel po'. Ho tenuto i contorni e cambiato i colori, sostituendoli con altri più allegri. Perchè non prendere le cose tanto sul serio, almeno quando si può, è già una difesa.
Ciao!
Con questi ci vuole un bazooka, sono stronzi e pure paraculi!
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