30 marzo 2014

Però, son soddisfazioni

Lo sapete: l'Orbettino è in crisi. Insomma, in letargo sindacale.
Tuttavia...

...Tuttavia, mi dispiace lasciar morire questo bloggonzolo. Se mi scusate la parentesi personal-sentimentale, mi sono affezionata a questo angolino, come pure alle quattro-persone-quattro che lo leggono.

Quindi, per dargli ancora un po' di fiato, tiriamo fuori un attimo l'Orbettino -non esattamente entusiasta- dalla sua tana e diamogli una sprimacciata. 
Come con i cuscini del divano, in primavera.
Giusto per fargli prendere un po' d'aria.
Poi, lo lasceremo tornare al suo letargo sindacale abusivo e fuori stagione.



Mi rendo conto che questo post andrà un po' sull'acidino, contrariamente allo spirito orbettinesco che è -vorrebbe essere - giocoso e bonario come il suo cuoricino.

Ma l'ho già scritto altrove: è un periodo così così e si fa quello che si può... prima o poi il sereno tornerà, no? Non può piovere per sempre... E poi cercate di capire anche il nostro amico, poraccio: tirato fuori a forza dalla tana, così per la coda, mentre se ne stava beato a godersi il letargo del giusto...

Delle due motivazioni appena addotte, una è vera.

Indovinate un po' voi.



***




Bene. Parliamo di una caratteristica femminile molto comune. Perlomeno, comune per coloro che hanno il privilegio di ospitare, nel loro labirinti mentali, un complesso di inferiorità con le spalle così larghe che l’Incredibile Hulk inquaqquato nero (anzi, inquaqquato verde) al confronto è un Teletubby: il rapporto ambivalente con i complimenti.

Ossia: quando te ne fanno, si risveglia tutto un coro di amabili vocette interiori. Avete presente i topini della Cenerentola Disney, quando cantano 

“Cenerella, Cenerella / sempre in moto / Cenerella”

con quelle vocine tutte topinose? Ecco: uguale. Solo che queste sono più sul: 

“seee, certo, figuriamoci”, “uh, che esagerazione!”, “ nooo, lo dice solo per gentilezza” “GENTILEZZA UN -BIIIIIP!!!! TE LA DO IO, LA GENTILEZZA! DOVE VUOLE ARRIVARE, QUESTO, EH? DICO: DOVE VUOLE ARRIVARE??????”

(Quest’ultima, come avrete intuito, non era esattamente un’amabile vocina topinosa, ma l’Incredibile Hulk-complesso di inferiorità di cui sopra,entrato in scena con la garbata delicatezza che sempre lo contraddistingue)

Ma se non te ne fanno; se arriva un giorno, o periodo della vita, carente di complimentose mezze bugie, diciamolo: ci resti malissimo.


Due categorie di complimenti, però, direi che è comunque legittimo non apprezzare.


Uno: quelli riferiti ad ipotetici fantasmagorici colori che, a meno che tu sia un miominipony, i tuoi occhi non hanno, non hanno mai avuto e non avranno mai . Quando il furbo di turno decanta il bellissimo verde acquamarina cangiante dei tuoi occhi GRIGI, e tu rimpiangi di non esserti fatta con quella bella plastichetta adesiva che va nella stampante del pc un adesivo con la scritta "FIRST PRIZE E PREMIO SPECIALE DELLA CRITICA - DALTONICO DELL'ANNO, YEAH!" con cui decorare all'istante la fronte del tizio.


Due: quando ti dicono che "hai l'aria tanto dolce". Senza assolutamente rendersi conto che lo stanno facendo proprio mentre tu, inquaqquata come una biscia perchè, per esempio (è successo qualche giorno fa), volevi fare una passeggiata in collina immersa nei tuoi pensieri, ed invece la stai facendo immersa in quelli di un tipo mai visto prima che ti sta piacevolmente intrattenendo con un breve corso di Storia dell'Universo con annesso master in Teoria Dei fatti Suoi e tesi in Robe Che Non Interessano A Nessuno), stai cercando in tutti i modi di comunicare in modo non verbale tutto il tuo seccatissimo fastidio, e in quel momento in particolare stai facendo del tuo meglio per emettere fumo dalle orecchie. 
Non nel senso che stai fumando una sigaretta e cerchi di indirizzare il fumo della stessa in un modo comunque anatomicamente alquanto improbabile, a meno di sacrificare alla causa due timpani innocenti. No: proprio nel senso che stai cercando di indurre, con la sola forza del pensiero, un qualche bizzarro fenomeno di autocombustione interna controllata che ti permetta di trasformarti all'istante in una versione appena un po' meno teneruccia del piccolo Grisù buonanima, che il tocco della variante "dalle orecchie" renderebbe molto più d'effetto.

Che le fiamme dal naso le sa fare anche il drago più sfigato, dai.


***



Però.



Però, ammettiamolo: alcuni complimenti, invece, sono soddisfazioni.



Lo sono stati, per esempio, due che non dimenticherò mai.








***

Uno. Si guasta il termostato del frigo. Telefoni ad un tizio dell'assistenza, dicendogli "Buongiorno. Ho il frigo da riparare, si è guastato il termostato". Arriva a casa tua un tipo abbastanza strano, ti chiede "qual è il problema?" e tu ribadisci "Il termostato del frigo". 

Lui va.

Apre.

Guarda.

Valuta.

Cogita.

Medita.

Pondera.



Dopodichè ti fissa con lo sguardo superiore dell'UOMO (Homo Tecnologicus Et Superior) che sta per illuminare la povera e inconsapevole donzella (Fanziulla Deficiens) in difficoltà e periglio con qualche briciola del suo immenso sapere, assume un'espressione intensa e pensosa che manco un neurochirurgo prima di un arditissimo trapianto di cervello da criceto ad umano (anzi da umano a criceto, perchè quelli da criceto ad umano da quanto si vede in giro già li fanno, e pure spesso) (e ve l'avevo detto che oggi siamo acidini) e, facendo scendere ogni parola da altezze per te inimmaginabili, ti dice:


"E' IL TERMOSTATO".




***

Ma va'?


***


Comunque, si parlava del complimento.

Il complimento arriva quando costui, informatosi sull'età del pazien... ehm, elettrodomestico, e sentitosi rispondere "tredici anni" (era di mia nonna, passato a me da pochi mesi) ti guarda come vedendoti in quel momento per la prima volta. 
Con sincera ammirazione.
E, ne sono quasi sicura, improvviso, profondo rispetto. 
E ti dice: 

"TREDICI ANNI???? Ma... ma.. Complimenti!"



Ora, davvero: puoi essere in un periodo no. La tua autostima può aver preso tante di quelle batoste che hanno sospeso l'incontro per KO tecnico. Ma un complimento così, gente, ti riconcilia con te stessa e con il mondo.




***



Due. Dal dentista. Ottimo medico, nonchè amico storico dei tempi dell'università. Visita di controllo; tutto ok. 
"Sai, mi ha fatto proprio piacere vederti; vorrei farti un regalo", 
dice ad un certo punto. 
Ma guarda. 
Prosegue:
"Ma cosa? Mmmmm..." 
(modalità dentista meditabondo - ON).

Intanto, si guarda attorno nello studio. Ora, conosco bene il soggetto, nonchè una sua certa appena accennata tendenza alla stravaganza. Quindi a quel punto tra me e me mi auguro che non mi offra una bellissimissima  scatola di mascherine chirurgiche ancora quasi intera, o cerchi di rifilarmi il piranha imbalsamato buonanima che tempo fa, vivo e vegeto, pinnava e piranhava  in apposito acquario e ora, passato a miglior vita e miseramente retrocesso a soprammobile, ogni tanto risalta fuori su qualche mensola. 
O magari un premolare appena estratto ad un vecchietto di passaggio.



Poi, si illumina:

"Ti regalo UNA RADIOGRAFIA!"



Non senza una certa dose di raccapriccio sto per chiedergli "Di chi?"  (aggiungere un ironico "Uao! Il sogno di ogni donna!" non sarebbe male, ma non oso); poi realizzo che intende farla a me. Dice che sceglie l'unico dente che, in teoria, potrebbe avere dei problemi e vabbè; ha persino senso.





Quindi, vai con l'RX premio.



Giornata fortunata, eh.





Dopodochè, contempla il nerobianco rettangolino, assolve a formula piena il dente che esce dalla prova a testa alta e pure un po' offeso dall'essere stato sospettato ingiustamente, e se ne viene fuori (il dentista, non il dente) con il complimento più bislacco ricevuto in quarangnffgnffft-anni di vita: 

"Aaaahhh! Un osso mandibolare così è il sogno di ogni dentista. 
Con una mandibola così, UN DENTISTA CI PUO' FARE QUELLO CHE VUOLE".




Ora.




A parte che un complimento così una se lo scrive sul diario, se ce l'ha; e se non ce l'ha -perchè non ha più quattordici anni e perchè comunque oggi le quattordicenni sono troppo impegnate a postare su Facciabucco autoscatti in due pezzi con duck face, altro che perdere tempo a scrivere robe su un quaderno, che poi scusa, che senso ha se tanto poi non lo legge nessuno - corre subito a comprarselo solo per poter affidare all'eternità il meraviglioso tributo al di lei fascino.

A parte che l'ultima frase -quella in maiuscolo- mi evoca inquetanti immagini di ipotetici film di serie Z con tizi vestiti da dentisti sadici (per non dire altro) che fanno robe che preferisco non sapere con delle mascelle.

A parte tutto questo, la mia mascella preferisco tenerla nella sua sede, benchè evidentemente egoisticamente sottoutilizzata da un punto di vista clinico.


Sai com'è.


***





E fin qui, parlavamo di soddisfazioni.




Poi, un giorno, succede.
Che queste non arrivino più.




Per esempio...




***





E qui, se pensavate che per questo post avete già dato, in quanto a premessa loffia, ve ne beccate un'altra.

Qualche volta, in montagna, mentre stavo al leggere sotto un pino o farmi i fatti miei, mi era capitato che qualche incauto macchinafotograficomunito chiedesse : ”Scusi, le spiace se insieme al paesaggio inquadro anche lei?” Oppure: “potrebbe andare un momento lì? così ho una persona nella foto,  insieme al panorama”.

Sempre detto in modo molto garbato, discreto; poi, un “grazie” e via.



Be’: a parte che costoro dovevano trovarsi in un momento di parziale annebbiamento mentale o visivo. A parte il vago e mai del tutto superato sospetto che poi a sera, al ritorno al focolare domestico, la foto suddetta venisse presentata ai congiunti con commenti del tipo “Vedi, cara? Tu ti fai tanti problemi; ma c’è chi mette i pantaloni stretti anche se sta moooolto peggio di te” 



“Tommasino! Tommasino! Hai visto cos'ha fotografato babbo oggi? 
Un Barbapapà!”




Però, diciamolo: un pochino, era gratificante.



Fino al giorno in cui…



Sgrunt.



Fino al giorno in cui arrivi con gli sci da fondo ad un piccolo colle panoramico e ti fermi per guardare il paesaggio e scattare due foto (Bugiissima: ti fermi perché i tuoi amici andavano che manco il coniglietto dopato con le pile Duracell, mentre tu, in fondo al gruppo, ormai ti eri rassegnata a farti l’escursione da sola che tanto, con il passo con cui li avevi visti scomparire in ontananza un’ora prima, gli altri in quel momento probabilmente stavano a fotografar trichechi davanti ad un cartello con scritto ”Circolo Polare Artico” ; e allora tanto valeva che evitassi di tirarti il collo e facessi un po’ come cavolo ti pareva. Per inciso, in quegli spot con il malefico coniglietto iperattivo tarantolato che non lo abbatti manco a cannonate e che tra parentesi, se chiedessi agli altri coniglini in difficoltà / arrancanti / annaspanti / cadenti qua e là come d’autunno sugli alberi le foglie in una catastrofe umanit… ehm, conigliaria che stringe il cuore, che cosa pensano del loro compagno fighetto primo della classe là davanti, sono convinta che verrebbe fuori che sta sul - BIIIIP! - alla grandissima a tutti, e ammazza quanto era lunga 'sta subordinata, io ho sempre solidarizzato con i coniglini sfigati a cui tutte le volte rifilano le pile tarocche. Fraternità tra brocchi. Oh.

Ah già,  avevo aperto una parentesi.
Scusate: ora la chiudo.

)

Fatto.



Comunque.



Ero lì da un minuto, quando arrivano due tipi.

No: tipini.

Entrambi uomini, non più ragazzi… giovani adulti, direi, se non suonasse tanto cartello su banco del macellaio.

I classici fighetti.

Non nel senso che fossero particolarmente decorativi dal punto di vista estetico: piuttosto, nel senso che erano illuminati dalla fiera convinzione di esserlo. Così: geneticamente. Abbigliamento da fighetti. Parlata da fighetti. I modi di quelli di città “scesi” in provincia per fare la giornata alternativa (Per inciso, non ho niente contro “quelli di città”. Anzi. E’ solo quando si aggirano con su quell’espressione alla “ma cosa ci faccio io qua che che se ascoltavo il Pucci a quest’ora ero a Cortina”, che li stenderei con una testata alla Zidane. Be’, insomma: ci proverei. Di fatto, più che altro riuscirei a fare loro il solletico, e poi me le prenderei di santa ragione. Ma ne sarebbe valsa la pena. Per la causa, oh.)



A questo evento -l'entrata in scena dei due- seguono, nell'ordine:


1)  Estrazione delle fotocamere (sicuramente fighe anche quelle. Non le ho guardate, ma concesso sulla fiducia).

2)  Rapida ricognizione visiva del territorio.

3)  Rilevamento della presenza, oltre a neve, alberi imbiancati, soavi e soffici nuvolette e montagne in lontananza, pure della sottoscritta.

Che evidentemente non è un albero e come soave e soffice nuvoletta, pur con tutto l'impegno, farebbe abbastanza pena, e per includerla nella categoria “ montagne in lontananza” si dovrebbe perlomeno aver fatto colazione a grappini dopo aver provato a fumarsi tutte le principali erbe locali, incluse venti specie protette a rischio d'estinzione.

E quindi

4)  conseguente richiesta.

Glaciale.

“Vorremmo fare delle foto. SI PUO’ SPOSTARE?”

Nel senso di “togliersi dal campo visivo”.

E pure da qualcos’altro.

Soprattutto da qualcos’altro.

Detto con un tono sprizzante tale gentilezza e calore umano che mentre parlavano scorrevano i sottotitoli:  "Se poi putacaso volesse anche gettaVsi in quel diVupo, libeVandoci così del tutto dalla sua pVesenza, il nostVo gaudio VaggiungeVebbe picchi di puVa estasi".





Sorvoliamo sul fatto che intendevo appunto scattare una fotografia, esattamente come loro, ed ero pure arrivata un attimo prima. E che sarebbe bastato aspettare un momento, perché non è che avessi testè estratto cavalletto, sedia pennelli e colori –quelli ad olio, i più perfidi, che per asciugare ci mettono una settimana, e solo se va di fortuna e l'aria è secca- e mi fossi appena insediata dicendo compiaciuta “Ah! Adesso, per le prossime otto ore, non mi schiodo da qui!” 

Sorvoliamo. Ma “Le spiace togliersi, che ci rovina la foto”…

Ammettamolo: è un colpo duro.





Ora, concentratevi: perchè arriva un piccolo test.

Ossia:

- se voi vi foste trovati in quella situazione, e subito dopo aveste visto e sentito i due immortalarsi ripetutamente a vicenda, raccomandandosi l'un l'altro "Prendimi che si veda anche il Monviso, eh!"

- se il Monviso suddetto si fosse trovato -tapino, negletto e, ahimè, ignorato dai più (ossia, loro)- esattamente DALLA PARTE OPPOSTA

(ma davvero: era, molto in lontananza, a Nord. Ed i campioni, con entusiasmo degno di miglior causa, che fotografavano verso Sud. Ossia curando bene di averlo esattamente alle spalle di chi scattava la foto. E di inquadrarsi pertanto sullo sfondo di un montagnoide generico di vallata diametralmente opposta.)




Bene: voi li avreste avvisati?




Cosa dite?

Sì?

Davvero?

Un passo avanti, prego, per ritirare l'aureola premio.


Anche le alucce, sì sì, per il signore laggiù che ha pronunciato la risposta affermativa con particolare entusiasmo.

No, ci dispiace. No, non le abbiamo bianche.

Solo rosa.

Come sarebbe, "non avete un modello da uomo"?

E che siamo La Rinascente, scusi?

Sì, lo vedo che hanno pure i glitterini tutti sbriluccicanti.

Certo: mica sono cieca.

E allora?

Del resto, per quello che ha pagato, scusi. 

No, non lo so cosa le diranno domani i suoi colleghi in ufficio.

Senta: ora lei si mette le sue brave alucce, che qui non abbiamo tempo da perdere. Che guardi quanta gente c'è in coda per l'aureola, e mica fanno tutte 'ste storie come lei.

E quindi ora lei la pianta e indossa...

Ecco. 

Uff.

No, dico: uno gli fa un omaggio, e questi stanno pure  a sindacare sul color... Cosa dite?

Ah già.

Il test.

Ora devo dire cosa ho fatto, in quella situazione?


Ehm...


Insomma...


Diciamo che non ho avuto cuore di mortificarli facendo notare loro l'errore, ecco.



***

Notina: riguardo al tecnico del frigorifero, l'inizio del dialogo è ricostruito (sono passati anni, non lo ricordo preciso); ma l'illuminante diagnosi "è il termostato" -ovvia fin dall'inizio: non so perchè, ma QUALSIASI COSA succeda ad un frigorifero, è SEMPRE il termostato- era veramente stata pronunciata con un tono manco fosse "è il nervo tricuspidato sternociceroniano che impatta conflittualmente con il plesso autoconclamato quadricaudato gerbilloide". Tutto il resto -il complimento sui tredici anni e tutto il resto del post- è rigorosamente autentico.

19 marzo 2014

Un cane, un mito.

Evabbè.
Ultimamente, come i suoi due lettori  avranno notato, l'Orbettino (povero) ha smesso di orbettinare. 
Non sto ad annoiarvi con i motivi... diciamo piuttosto che si è preso un letargo sindacale. Fuori stagione ma va bè: il letargo sindacale quando arriva arriva, oh.

Tutto questo -che entra di diritto nella top ten dei peggiori incipit orbettineschi- per dire che mi sa che il bloggonzolo sta veramente per esalare l'ultimo respiro.

Ma proviamo a dargli ancora un po' di fiato?

Anche se vi avviso: sarà una cosina inconcludente, scritta così per scrivere.

Dite di sì?

E allora, dai. Riesumiamo per l'occasione un personaggio che ha turbato i miei candidi anni tra i 24 ed i 30 circa. Ossia, lui. 
Anzi, LUI:

il cane Filippo.

Precisiamo: il cane Filippo non c'è più da molti anni. A consolazione degli amanti dei quattrozampe, informiamo gli stessi che il suddetto ha avuto una lunga vita, resa coccolosa e caninamente felice da padroni deliziosi che -seppure per qualche strano motivo incomprensibile ai più, ossia più o meno a tutto il resto del mondo- lo adoravano. Per tutti gli altri, diciamo chiaro e tondo che Filippo era la negazione vivente e ringhiante di tutte le cosucce carine che a uno vengono in mente pensando ad un cane. Cose come tenerezza, pucciosità, cucciolosità, e quel nonsoché di generico ma taaaanto caruccio che potremmo chiamare "cagnolinità". 
Resettate tutto ciò.
Anzi: prendete questi concetti e negateli, capovolgeteli, fatene il complementare, tirateci una riga sopra, poi appallottolate il foglio, regalatelo alla zia e cose così. Che già solo a sentirvi pronunciare la parola "carino", a Filippo dalla rabbia gli sarebbe partito un embolo. Dopodichè, se sopravvissuto, vi avrebbe tenuto il broncio per due anni.

Se gli aveste lanciato un bastone di legno, dicendogli "vai, Filippo, vai!!", lui probabilmente sarebbe andato a prenderlo.
E l'avrebbe usato per menarvi.

Probabilmente, Filippo non era neanche un cane: in realtà era il frutto di una storia clandestina tra un vampiro ed un demone degli inferi (dal primo aveva ereditato una certa appena accennata, simpatica propensione al morso; del secondo aveva lo stesso carattere amabile, giocoso e spontaneamente portato all'affetto verso il prossimo). Solo per un curioso capriccio di un destino rio e beffardo era approdato all'essere sotto forma di schnautzer nano anzichè - come sarebbe stato più appropriato e da lui sicuramente più gradito - di una simpatica via di mezzo tra un dragone sputafuoco, un'orca marina, un'idra a sei teste, un balrog, il mostro di Alien e l'astronave della Morte Nera. 

E qui, è il momento di introdurre la prima delle gradevoli caratteristiche Filippesche: trovandoti davanti al suddetto, fossi tu anche stato l'individuo più incerto, confuso, disorientato del mondo,  immediatamente sentivi sorgere in te il conforto di un'improvvisa, limpida, luminosa, granitica, incrollabile certezza: 

FILIPPO TI ODIAVA.

Ok: come punto fisso forse era scarsino, per (ri)fondarci una vita. Forse non sarebbe stato il faro nella tenebra, la luce che d'ora in poi avrebbe guidato i tuoi passi sino a ieri vacillanti e incerti. Prrobabilmente non ti avrebbe neanche fatto capire cose di te stesso; nè ci avresti potuto scrivere un libro ("FILIPPO TI ODIA / RISPONDI A FILIPPO CON L' AMORE, FRATELLO") con nel risvolto di copertina la foto di te con abito da monaco zen abusivamente realizzato con il corpidivano della nonna (scusa nonna, poi te lo restituisco, è che era proprio di quel tono di arancio lì capisci; sì vabbè, però almeno sistema meglio i copribraccioli che altro che bonzo, con tutti quei bozzi mi sembri la zucca di Halloween, mi sembri) e un simbolo Yin e Yang tarocco fatto con Inserisci/Immagine/Forme di Word. 
Annunciando al mondo questa luminosa verità, non ci avesti manco rimorchiato le ragazze. 
Perlomeno, non quelle con un QI superiore a quello di un criceto in coma.
Ma non lamentarti più che non hai certezze, ragà; che Filippo te ne ha data una nuova di zecca.

Vocabolo, per inciso, dato il soggetto, alquanto appropriato.


Ma torniamo a bomba. Per dire che l'amabile creaturina sapeva comunicarti questo suo feeling -ah, la delicata sensibilità degli animali - esprimendo il messaggio non verbale in cento modi vaghissimi, accennati, appena appena percettibili. Tipo, scoprire il rosso delle gengive -il che in mezzo al pelo nero il suo bravo effetto satancromatico lo faceva tutto- con un ringhio sordo e prolungato che avrebbe fatto venire la pelle d'oca a Freddy Kreugher (e ora non mi dite che Freddy Kreugher non poteva avere la pelle d'oca per il semplicissimo motivo che NON AVEVA LA PELLE, precisini che non siete altro, gnegnegnè). Protendendosi intanto verso di te con tutta la sua nanoschnauzeresca forza, il guinzaglio teso in un modo che, tradotto dal cagnese-guinzagliese, significava chiaramente 

"Sia chiaro: questo laccetto di pelle del picchio, che per inciso un bel giorno potrebbe anche strapparsi -e ti faccio notare che quel giorno potrebbe anche essere domani, o oggi, magari tra cinque minuti, o anche solo tra... ROARRRRR!!!!!- è l'UNICA cosa che si interpone tra te nel il tuo aspetto attuale ed un tuo drastico restyling in vesione frullato di polpette" 

e a volte anche 

"e buon per te che mi hanno rifilato 'sto cavolo di corpo di Schnautzer, e pure nano, per colmo di sfiga. Perchè se ero un mastino spagnolo sai in questo momento, le robe che ti facevo"

Tra l'altro, curioso come il cagnese-guinzagliese, idioma di per sè assai complesso e irto di difficoltà (il tempi verbali participio scodinzolundio e trapassato sguinzagliato azzannaturo anteriore ringhiato prossimo, per esempio, ve li raccomando), in certi casi risulti invece di comprensione straordinariamente semplice.


E poi Filippo, uom... ehm, quadrupede di salde convinzioni, nella vita aveva un punto fisso. Un asse portante, attorno al quale ruotava tutto il Filippo-pensiero. Ossia: 
qualunque cosa sgradevole/dolorosa/fastidiosa/seccante succedesse nell'Universo, la colpa era TUA. 
Soprattutto se la cosa sgradevole/dolorosa eccetera era successa a lui.


A titolo esemplificativo, si consideri il seguente episodio:


Prima, fermoimmagine. Filippo, tenuto al guinzaglio dal regolamentare padrone, che sta per uscire da un negozio. Intanto tu, presente alla scena, ti sei portato nell'unica posizione prudente in presenza dello sciagurat... ehm, del tenero animaletto; ossia nel punto diametralmente opposto a quello occupato dall'amabile creatura. Naturalmente dopo aver controllato che la collocazione da te scelta sia al di fuori della portata del Filippesco guinzaglio, perchè con lui non si sa mai /non si sa mai / quello che al mondo ti può capitar 
(Per i teorici: detta F la posizione attuale del Filippoide, T la tua, e g la lunghezza del guinzaglio:  FT > g. 
Formula che potremmo altresì enunciare in forma discorsiva come segue:
"Stavolta ti frego, cane malefico"
Un "Tiè" finale è facoltativo, ma ci sta tutto).


Ok.
Adesso, Play. 

Al padrone sfugge la porta (pesante), con la conseguenza che una filipesca zampina viene leggermente pizzicata dalla stessa.

Ora, pregasi osservare la reazione del Nostro in tale momento cruciale:

Si volge forse egli verso il padrone maldestro, causa del suo canino dolore, e gli rivolge un lungo e grave sguardo di fermo biasimo? Magari accompagnato da un accenno di ringhio, giusto per non perdere l'abitudine? 

No.  

Emette un cuccioloso "caìn! caìn!" atto a scatenare nel prossimo ondate di sensi di colpa e sconfinata tenerezza?

No.

Prende la coraggiosa e maschia decisione di soffrire in silenzio, mostrandosi cane stoico e tetragono ai colpi della sventura?

Seeee, quando mai.

Invece, ecco cosa Filippo fa realmente

lanciando un CAAIIIIIIIIIIINNNNN!!!!!!!! lacerante, in un nanosecondo percorre in retro la distanza tra te e lui. E un attimo dopo è lì davanti a te, che abbaia con grande sfoggio di denti e gengive mentre ti ringhia contro -sì: ringhia A TE, povera stella innocente senza macchie nè colpe- le solite cosine simpatiche in cagnese di cui sopra.

E meno male per te che FT era maggiore di 2g.



***


Ho un ricordo dolce-agghiacciante di una cena presso la famiglia (persone carissime, tra l'altro) la cui esistenza Filippo allietava. 
Giardino della casetta al mare, un grande tavolo sotto gli ulivi. Veduta incantevole: più in basso i tetti digradanti di un paesino; ancora ulivi e poi una piccola baia... Il mare. Una dolcissima sera estiva, mite e accarezzata da una brezza leggera, che man mano trascolorava in una notte altrettanto dolce e carezzevole. I riflessi della luna piena, che danzavano sull'acqua blu scura. E intanto una conversazione garbata e spiritosa con persone gradevolissime, cibi sfiziosi... Insomma, uno di quei momenti di pace e bellezza che la vita a volte ti regala quando si è svegliata bene ed è in vena di generosità. 


Reso appena appena meno bello e pacifico dall'orrore in agguato sotto il tavolo. Orrore consistente in un temibilissimo Filippo deguinzagliato, ossia LIBERO e vagante a mo' di mina impazzita, proditoriamente nascosto dalla tovaglia e pertanto localizzabile solo a tratti grazie al suddetto caratteristico ringhio che ti faceva correre un brivido gelato nella schiena ogni volta che lo sentivi in avvicinamento alla tua postazione. Situazione che tuttavia peggiorava ancora di molto, quando proditoriamente l'essere delle tenebre passava in modalità "Silent Phil-ON" : perchè allora -il perfido- avrebbe potuto  essere OVUNQUE.


Il brivido di cui sopra (e orrore e raccapriccio, per chi si ricorda Cattivik), peraltro, ti toccava pure dissimularlo: perchè agli occhi dei padroni di casa il mostr... ehm, l'adorabile cagnolotto era quanto di più angelico, candido e geneticamente impossibilitato a concepire atti anche solo lontanamente malvagi esistesse al mondo. Ed un tuo non dico fastidio, ma anche solo scarso entusiasmo nei Filippeschi confronti sarebbe apparso assolutamente inconcepibile ed indice di un cuore arido e brutale. Il che ti costringeva a dissimulare il panico sotto un'espressione disperatamente sorridente; che più che altro ti portava, temo, a produrti in un atroce sorriso a denti digrignati tipo paresi isterica fulminante.


Per la serie "informazioni di cui avreste volentieri fatto a meno"-  e soprattutto sperando che non abbiate mangiato da poco- aggiungo che il buon Phil, all'epoca già anzianotto ed acciaccato, accresceva il suo già considerevole fascino personale aggiungendo alle sue molteplici attrattive non solo un delicato bouquet olfattivo tipo bidone dell'umido con note di fondo di topo morto, ma anche svariate malattie, della pelle e non, grazie alle quali produceva una quantità di sebo sufficiente per ungere un paio di provincie mediamente popolate, ed era dotato di scaglie di forfora mutanti della dimensione di mezza unghia 
Il che faceva sì che non sapevi neanche quale prospettiva fosse la peggiore: se la belva ti avesse addentato proditoriamente un polpaccio sarebbe stata una brutta esperienza, non ci piove. 
Ma se mai la stessa, improvvisamente entrata in una fase di crisi di post-mezza età comprensiva di profonda autocritica, dopo un approfondito riesame della sua vita passata e valutata anche la vaghissima possibilità che la sua esistenza terrena un giorno avesse fine, fosse stata colta da profondo pentimento pei suoi cagneschi peccati e avesse maturato l'improvvisa decisione "Basta: da oggi divento un bravissimo cagnino tenerone cuccioloso affettuosissimissimissimo" e l'avesse concretizzata strusciandosi amorevolmente contro le tue gambe... 
Bè. 
Probabilmente, sarebbe stato molto peggio.



***


E ve l'ho detto che sarebbe stato un post sgalfo... nonchè un'arrampicata sugli specchi che metà basta.
Per farsi perdonare, l'Orbettino aggiunge un omaggino.
Ossia questa foto:



(Avviso ai naviganti: sullo smartphone non rende;  per vederla in tutto il suo splendore, zoomate alla grande, please)

E soprattutto, guardate l'espressione del tipo.


No,

Ma,

Scusate.

Questa allettante e BELLISSIMA immagine è la pubblicità con cui le ditte di bus della mia zona stanno lanciando le tessere elettroniche. Ma voi, su un bus guidato da uno simile -faccia da schiaffi che metà basta, sospetto di rossetto (rossetto? Sì, rossetto)  perlomeno inquietante (però rosa tenero, eh; che rosso di giorno fa cafone), e che ti fa l'occhiolino in quel modo, perfetto anello di congiunzione tra l' "allora acqua in bocca e zitto, se ci tieni alla salute: capitti ci siamo, aiò?", quello che offre pasticche strane ai ragazzini all'uscita di scuola (che c'ha pure in mano 'sta cosa strana tipo bolla di sapone però a forma di rombo che sbriluccica, che già per vedere le bolle di sapone a forma di rombo e pure effervescente tipo Cebion C non so cosa ti devi essere sparato, ma certo non il Lievito Paneangeli della brava Mariarosa) ed il molestatore da giardinetti professionista- ci salireste?



 


Poi, non vorrei essere volgare, ma... notate la didascalia: "SCOPRI COME AVERLA (la tessera. Insomma, spero si tratti della tessera) GRATIS".

Sinceramente, date le premesse... preferisco non saperlo, guarda.


 ***

Uh, dimenticavo: le fonti delle immagini:
Anche se non credo che ci sarà 'sta folla che correrà a guardarselo, eh.